(fonte www.agienergia.it)
Nel corso degli ultimi mesi,
numerose ed importanti scoperte di idrocarburi si sono susseguite
lungo il versante orientale del continente africano. L’area sembra
destinata ad emergere quale nuova fonte di approvvigionamento
energetico, affiancando il Nord Africa e l’Africa Occidentale nel
panorama continentale. Un recente studio della Us Geological Survey
conferma questa ipotesi: le quattro province geologiche
corrispondenti alle coste di Kenya, Tanzania, Mozambico, Madagascar
e alle isole Seychelles custodirebbero 441 trilioni di piedi cubi
(tcf) di gas naturale e 27 miliardi di barili di petrolio, non
ancora scoperti, ma tecnologicamente accessibili1.
Sono state soprattutto le ingenti
quantità di gas rinvenute nel tratto di mare antistante la costa
meridionale della Tanzania e quella settentrionale del Mozambico a
suscitare l’entusiasmo degli operatori del settore. Le maggiori
scoperte sono avvenute nelle acque territoriali dell’ex colonia
portoghese (grazie ai successi ottenuti da Eni e dall’americana
Anadarko), ma anche il volume delle riserve di gas della Tanzania è
aumentato considerevolmente nel corso del 2012: a febbraio la
norvegese Statoil, in partnership con l’americana ExxonMobil, ha
accertato la presenza di circa 5 tcf nell’unico blocco di sua
competenza, ai quali si sono aggiunti altri 3 tcf lo scorso giugno;
anche le inglesi Bg Group e Ophir Energy, operative in joint
venture in tre blocchi, sono state protagoniste di una serie di
importanti scoperte, per un totale di circa 11 tcf. Oltre alle
quattro multinazionali appena citate, in Tanzania sono presenti
altre quattordici compagnie, tra le quali vale la pena di ricordare
le inglesi Aminex e Solo Oil, la brasiliana Petrobras e la canadese
Orca Exploration. Discorso a parte merita la Shell, i cui diritti
di esplorazione si concentrano in una zona oggetto di un conflitto
di attribuzione tra Dar es Salaam e l’arcipelago semiautonomo di
Zanzibar, che blocca l’attività del colosso anglo-olandese.
Le principali
scoperte di gas realizzate in Tanzania e Mozambico

Fonte: nostre rielaborazioni
su dati Financial Times
Dopo i recenti ritrovamenti, le
riserve di gas naturale della Tanzania hanno raggiunto i 33
tcf, secondo il dato riferito nell’ottobre 2012 dal ministero
dell’energia e dei minerali del paese africano2 . Si
tratta di una abbondanza di risorse i cui futuri profitti sono in
grado di sostenere a rialzo gli alti tassi di crescita economica
registrati negli ultimi anni (Ernst & Young ha di recente
collocato la Tanzania al quinto posto tra le economie che
cresceranno più velocemente da qui al 2015, con un incremento medio
annuo del 7.2%3 ).
I nuovi giacimenti sono situati in
acque non molto profonde, a poca distanza dalla costa e presentano
rocce di copertura dall’elevata porosità e permeabilità. Si tratta
di caratteristiche che riducono i costi di estrazione e trasporto e
che assicurano ampie possibilità di stoccaggio. La posizione
geografica, rende inoltre le risorse della regione particolarmente
appetibili per i mercati asiatici, la cui domanda di gas naturale
liquefatto è in forte crescita.
Questo scenario, a cui si deve
aggiungere il buon livello di stabilità politica del paese, attrae
capitali dall’estero: secondo la banca africana Ecobank, nei
prossimi 12 mesi in Africa Orientale affluiranno investimenti per
994 milioni di dollari. In Tanzania, le multinazionali puntano
soprattutto a realizzare impianti per la liquefazione del gas, con
l’obiettivo di avviare l’esportazione di Gnl: il 2 ottobre
2012, la società americana Kbr ha comunicato di essere stata scelta
dalla Statoil per effettuare uno studio di fattibilità; la Bg Group
è invece già certa della viabilità commerciale dell’operazione,
ipotizzando la costruzione di uno stabilimento con una capacità
produttiva di 6,6 tonnellate all’anno (Mt/yr). Secondo i media
locali, le due società potrebbero unire gli sforzi nella
realizzazione di un unico progetto.
Sono poi molte le compagnie
internazionali non ancora presenti nel ricco offshore tanzaniano,
ma desiderose di entrarvi nel breve periodo. I soggetti
interessati ad acquisire diritti di esplorazione, dovranno tuttavia
attendere l’approvazione della nuova legge con la quale il
parlamento si propone di regolamentare il settore. Il tema è
attualmente al centro di un acceso dibattito interno, che ha già
provocato il rinvio del round per l’assegnazione di nuove licenze,
in programma lo scorso settembre. Il prossimo quadro normativo
dovrà stabilire le modalità di assegnazione dei futuri contratti e
i meccanismi attraverso cui il governo raccoglierà tasse e
royalties. Le attuali norme risalgono al 1980 e sono giudicate
penalizzanti nei confronti dello Stato, soprattutto dopo le recenti
scoperte.
Oltre alla ristrutturazione della
compagnia nazionale (la Tanzania Petroleum Development Corporation
- TPDC), è in fase di studio la costituzione di un fondo sovrano in
grado di assicurare maggiore trasparenza nella gestione dei
profitti derivanti dalle attività di estrazione. L’obiettivo è di
evitare che l’improvvisa ricchezza di risorse produca un
peggioramento della governance senza portare alcun beneficio alla
maggioranza della popolazione, come già è accaduto in molti paesi
africani.
La questione suscita però la
preoccupazione degli operatori del settore, timorosi che la nuova
legge colpisca i loro interessi, rallentando gli investimenti. Il
governo ha peraltro comunicato che anche i contratti
attualmente in essere saranno sottoposti a revisione, lasciando
presagire la nascita di contenziosi con le multinazionali, come
quelli in corso in Uganda e in Kenya. I tempi necessari affinché i
nuovi depositi entrino in produzione, risentiranno anche delle
gravi carenze infrastrutturali che affliggono il paese e della
pressoché totale assenza di manodopera specializzata: le stime più
ottimistiche non prevedono l’avvio delle esportazioni prima del
2018.
In questo quadro, è significativa
l’intenzione del governo di destinare una parte consistente delle
risorse al mercato interno. La costruzione di un gasdotto che
collegherà i campi onshore di Mnazi Bay (situati nella regione
meridionale di Mtwara) alla capitale Dar es Salaam, lungo un
percorso di 532 km, segue questa direttiva. Il gas sarà infatti
utilizzato per produrre elettricità in quantità sufficiente ad
alleviare la cronica mancanza di energia che impedisce lo sviluppo
del paese. Questo progetto, i cui lavori sono partiti lo scorso 8
novembre, è in larga parte finanziato dai cinesi della Exim
Bank.
* Analista di questioni africane, collabora con Osservatorio Analitico
1 Us Geological Survey, Assessment of Undiscovered Oil and Gas Resources of Four East Africa Geologic Provinces, http://pubs.usgs.gov/fs/2012/3039/contents/FS12-3039.pdf , aprile 2012.
2Ministry of Energy and Minerals of Tanzania, The Natural Gas Policy of Tanzania, http://www.mem.go.tz/wp-content/uploads/2012/11/Natural-Gas-Policy-Draft-Management-MEM-29-October-2012.pdf , ottobre 2012.
3Ernst & Young, Building bridges Ernst & Young's 2012 attractiveness survey, http://emergingmarkets.ey.com/wp-content/uploads/downloads/2012/05/attractiveness_2012_africa_v16.pdf , febbraio 2012